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Giorgio Diritti - L'uomo che verrà

L'uomo che verrà
Un fotogramma del film L'uomo che verrà

Giorgio Diritti (Bologna, 1959)

Non ho fatto un film né storico né bellico, ma ho raccontato una storia di persone semplici che vedono arrivare la guerra.

(…) L'idea era di raccontare come la guerra è stata capace di entrare nelle case della gente.

La logica furba di fare un prodotto vendibile in realtà produce delle schifezze che poi non funzionano neanche. Una delle cose che si è persa è l'onestà del bottegaio: lui ti consigliava un tipo di prosciutto; se dopo averlo provato notavi che non era buono, tornavi, gli tiravi le orecchie e lui te ne dava uno buono e gratis. Questo modo di fare si è perso… . La ricetta credo sia non prendere in giro la gente. (Leggi l’intervista completa seguendo questo link)

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(…) Ci hanno poi aiutato le foto fatte nell'Appennino, che del periodo in questione testimoniano la povertà, i vestiti logori. Durante la lavorazione del film non abbiamo sentito il bisogno di vedere o rivedere altri film del filone resistenziale. Abbiamo preferito realizzare interviste con chi ha vissuto direttamente quell'epoca, magari semplici contadini che fossero in grado di parlarci delle azioni dei partigiani ma anche e soprattutto di elementi della vita quotidiana; ad esempio chi aveva diritto di parlare a tavola e chi no, insieme ad altri aspetti inerenti al tempo di guerra o alle più consolidate abitudini famigliari. Tutto facente parte di un patrimonio emotivo, anche doloroso, con cui sentivo il bisogno di confrontarmi.

(…) L'impressione che volevo dare agli spettatori è di osservare la tragedia da dietro un albero, da dietro un riparo, come se fossero costretti a guardare tutto l'orrore, pur non essendo stati presi dai tedeschi. Molto importanti, anche qui, sono state le interviste con i sopravvissuti, i racconti di chi ha vissuto quel periodo, da cui traspare grande pudore nel rievocare i fatti più dolorosi, almeno nei casi in cui non è subentrata col tempo la rimozione.

In più mi sono adoperato affinché da questo viaggio nel passato emergesse la speranza in un futuro differente, che poi mi sembra il significato più profondo della Resistenza. (Leggi l'intervista completa seguendo questo link)

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